A R T I G I A N A T O

d i

C a r l o  L a n t e r i

 

ARTIGIANATO TRADIZIONALE

L’artigianato tipico della Terra Brigasca si è caratterizzato nei secoli per la produzione di manufatti relativi a pochi precisi settori: lavorazione del legno, della lana e della canapa e, in misura minore, del ferro e della pietra.

 

OGGI

L’artigianato legato alla produzione di oggetti di uso quotidiano, nella Terra Brigasca, può dirsi ormai definitivamente scomparso. Sopravvive, utilizzando il materiale tradizionale del legno e quello dell’ardesia, un artigianato di tipo “moderno”, legato alla produzione di oggetti decorativi.

La lavorazione del legno

 

Ha prodotto nel tempo una serie innumerevole di oggetti, legati all’uso quotidiano e spesso artisticamente intagliati.

Questa produzione non ha mai ecceduto il fabbisogno locale dei singoli centri e di conseguenza non ha mai costituito, nella Terra Brigasca, una fonte di commercio in senso proprio.

Si tratta principalmente di oggetti di piccole dimensioni, realizzati in genere con legni teneri e perciò facilmente lavorabili.

Essendo oggetti di uso comune, soppiantati nel tempo da altri più moderni, o definitivamente abbandonati perché collegati ad attività ormai cessate (si pensi alla filatura della lana o della canapa), sono in parte andati distrutti, buttai tra i rifiuti o bruciati.

Molti esemplari sopravvivono perché raccolti da appassionati che, già alcuni decenni or sono, ne avevano riconosciuto ed apprezzato il valore estetico ed etnografico. Dato però che la maggioranza di loro veniva da fuori e non ha mai risieduto nella Terra Brigasca, questi oggetti sono stati purtroppo “esportati” e risultano oggi dispersi in diverse collezioni private.

 

 

 

Scatole

Di forma ovale o rotonda, assumono denominazioni diverse a seconda del materiale che sono destinate a contenere.

 

Šcàtura

Si tratta di scatole ovali, di non grandi dimensioni, confezionate generalmente dagli uomini come regalo di fidanzamento o di nozze alle proprie donne. Erano ottenute curvando una sottile tavoletta di legno le cui estremità venivano sovrapposte e cucite insieme con spago fine. Il coperchio e il fondo erano ottenuti da un pezzo di legno sagomato secondo la forma della scatola. Erano destinate a contenere materiale da cucito (šcàtura dër cüžìi), gioielli (šcàtura de anëléte), monete da dare in elemosina in chiesa, specialmente per la celebrazione di Messe per le anime del Purgatorio (šcàtura de arimìte) o ancora i documenti importanti di famiglia (ricevute, atti notarili, scritture private).

Molti esemplari sono lisci e privi di decorazioni, ma la maggior parte si caratterizza per la presenza di ornamenti a intaglio (i rëcàmi), più raramente dipinti, che ricoprono spesso l’intera superficie del manufatto. Lo strumento usato per intagliare il legno è il coltello, usato di punta. Nella maggioranza dei casi si tratta di incisioni poco profonde, più facili da realizzare, ma non mancano esempi di lavorazione a rilievo che, non di rado, raggiungono risultati tecnici e decorativi di ottimo livello.

I soggetti sono di vario genere: si va dai motivi geometrici (file di piccoli triangoli o tondi, greche, zig-zag) alle stelle, ai fiori stilizzati (tra cui la famosa e onnipresente röṡa di paštùu) o realisticamente resi insieme a motivi vegetali, ai cuori, agli stemmi e alle scritte di diversi tipi. In qualche caso, la decorazione dell’oggetto viene ottenuta con una tecnica mista: intaglio e inserimento di piccole borchie in ottone o in rame. Dal punto di vista documentario risultano particolarmente interessanti gli esemplari datati o firmati.

1 2345

 

Ignoto intagliatore verdeggese, Šcàtura de anëléte decorata a motivi vegetali e floreali stilizzati, 1833, da Verdeggia, collezione privata

 

1 Insieme

2 Coperchio

3 – 4 Decorazioni laterali

5 Data: 1833 idi  marzo o maggio

 

Adolfo Lanteri, Šcàtura decorata sui lati da motivi vegetali e floreali stilizzati e sul coperchio dalla stella a sei punte, sec. XX, da Upega, collezione privata

 

 

 

 

1  2

 

1 Ignoto intagliatore upeghese, Šcàtura de anëléte decorata da una ghirlanda stilizzata e da un cuore, sec. XIX, da Upega, collezione privata Il motivo del cuore la connota come probabile regalo di fidanzamento

2 Particolare del coperchio

 

Rëšcùn

Sono scatole, ovali o rotonde, usate per contenere diversi materiali (chiodini, borchie, resine, medicamenti naturali, coloranti) ma più spesso usate per contenere il brùs, formaggio fermentato piccante molto noto, in uso in tutta l’area brigasca (in questo caso assumono il nome di rëšcùn dër brùs).

 

 

 

 

Utensili e  Accessori

 

 

Conocchia ( Rùca )

Era lo strumento impiegato per sostenere la lana o la canapa da filare a mano con il fuso. A seconda della fibra che era destinato ad accogliere, ha caratteristiche leggermente diverse, ma ciò che ne fa un bell’ oggetto dell’artigianato locale è la frequente decorazione ad intaglio (sempre ottenuta con la punta del coltello). Essa interessa quasi esclusivamente la punta del bastone e conferisce all’attrezzo una nota di raffinatezza che si addice alla sua connotazione femminile. Come già alcune scatole, anche la conocchia era spesso regalata dagli uomini alle loro donne in occasione del fidanzamento.

Una conocchia decorata compare nel testo di una canzone popolare brigasca come regalo di un pastore alla sua innamorata; in cambio, il galante giovanotto desidererebbe un bel piatto di sügéli, il piatto tradizionale brigasco per eccellenza:

 

Ër li ha dìit: “O caréta, Le ha detto: “O carina,

tucamé a manéta! toccami la manina!

Ina bèla ruchéta Una bella conocchietta

të vöyë arëgalàa”. ti voglio regalare”.

 

E të vöyë fàa ina rùca Ti voglio fare una conocchia

cun di rëcàmi béli con dei bei decori

e ti in prat dë sügéli e tu un piatto di sügéli

guàita dë parëyàa. vedi di preparare.

 

 

Fuso ( Füüs )

Si otteneva impiegando essenze legnose diverse: pino, abete, faggio, maggiociondolo.

Per torcere insieme due fili di lana si usava un tipo particolare di fuso detto turseùu, più lungo del fuso normale. L’attrezzo era dotato di una corta asticella, infilata trasversalmente in prossimità dell’estremità superiore attraverso un forellino passante, che aveva lo scopo di permettere alla filatrice di agganciarvi le estremità dei due fili da torcere.

 

 

Pettine ( Péntu )

Si tratta di un oggetto usato dalle donne per pettinare i lunghi capelli da acconciare in una treccia avvolta intorno al capo e ricoperta dal caratteristico nastro di velluto nero chiamato vëlῢ. Il péntu trovava posto nella tasca del grembiule o in una tasca mobile portata sotto la gonna, assicurata in vita da due lacci. Se ne conservano molti esemplari intagliati e qualcuno con una piccola impugnatura scolpita. I motivi decorativi sono analoghi a quelli con cui sono ornate le scatole; anche il pettine, spesso era regalato alle donne in occasione del fidanzamento.

Il péntu compare, nella stessa canzone che parla della conocchia, in dotazione al pastore innamorato. Nei giorni di festa, per farsi bello, con l’aiuto del pettine si toglie la sporcizia dai capelli.

 

Ër vèn a matin dë fèšta, Viene la mattina del giorno di festa,

pöi cur sé péntu špéssë poi con il suo pettine fitto

së cava ra brütéssa si toglie la sporcizia

d’intrë ‘r sé vërnigàa . da dentro il suo roveto (i capelli arruffati).

 

 

 

1  2

 

1 Ignoto intagliatore piaggese, Péntu decorato a motivi floreali stilizzati , sec. XIX, da Piaggia, collezione privata

2 Ignoto intagliatore piaggese, Péntu decorato con iniziale, cuore e stella a cinque punte, sec. XIX, da Piaggia, collezione privata

 

 

1 2

 

 

1 Adolfo Lanteri, Péntu decorato con un passero , sec. XX, da Upega, collezione privata

2 Adolfo Lanteri, Péntu decorato con un fiore a sei petali , sec. XX, da Upega, collezione privata

 

 

 

Collare per pecore e capre ( Canàura )

E’ senz’altro l’oggetto più bello e caratteristico dell’armamentario pastorale brigasco. Ne esistono moltissimi esemplari, diversi per grandezza e per tipo di decorazione. Viene realizzato preferibilmente in legno di maggiociondolo che, oltre a prestarsi particolarmente bene alla curvatura, produce un piacevole effetto decorativo con la sua alternanza di colori nelle venature. Al collare di legno viene assicurata una campanella in bronzo, ottone, ferro o rame, tramite una striscia di cuoio passante da parte a parte (ër guarnimént) e fissata al legno con due zeppe d’osso o di legno, spesso sagomate (e burnàaže). Gli elementi decorativi intagliati nel legno sono più frequentemente il fiore stilizzato a quattro, cinque o sei petali (röṡa di paštùu) e greche di piccoli triangoli o zig-zag ma non mancano altri motivi di decorazione, né le iniziali del proprietario del gregge.

 

 

123

 

1 Francis Lanteri, Canàura completa di zeppe in osso e campanella. da La Brigue, collezione privata.

2 Francis Lanteri, Canàura con fiore inciso, da La Brigue, collezione privata.

3 Francis Lanteri, Canàura con le proprie iniziali incise, da La Brigue, collezione privata.

 

(Fotografie tratte dal volume di Corinne e Didier Lanteri “Bergers & Brebis de La Brigue – entre histoire et avenir”,

Patrimoine et Traditions Brigasques, La Brigue 2010, pp. 43, 44, 47, per gentile concessione degli autori)

 

 

Forma per formaggio (Fascèla)

Serve per raccogliere in forme l’impasto del formaggio, prima della salatura. E’ rotonda e veniva realizzata al tornio. Reca sul fondo, oltre che alcuni buchi per la fuoriuscita del siero in eccesso, iniziali e semplici motivi intagliati da imprimere nella forma di formaggio ancora fresco.

 

 

 

1 2

 

1 Ignoto artigiano upeghese, Fascèla decorata con un fiore a quattro petali e la sigla A.B. (Antonio Beghelli?), sec. XX, da Upega, collezione privata, interno

2 esterno

Cucchiao ( Cügliée )

E’ profondo, dotato di un manico piuttosto largo e corto, generalmente liscio; non mancano però esemplari intagliati in cui la decorazione si concentra esclusivamente sul manico.


Ignoto artigiano brigasco, Cügliée, sec. XIX, da La Brigue, collezione privata

 

Mestolo ( Càssa)

Ne esistono di diverse grandezze e profondità, generalmente lisci. La valenza decorativa è affidata al manico, variamente foggiato.

Adolfo Lanteri, Càssa, seconda metà del sec. XX, da Upega, collezione privata

 

 

Paletta per aridi ( Sàssura)

Di varia forma e grandezza, la paletta è di norma liscia, raramente decorata a intaglio, ma come nel caso dei mestoli, il manico può essere foggiato in modo da svolgere una funzione decorativa.

 

Ignoto artigiano upeghese, Sàssure, sec. XIX, da Upega, collezione privata

 

 

Borraccia ( Buràcia)

 

Ne esistono di diversi tipi; qui di seguito se ne riproduce un pregevole esemplare, databile al secolo XIX, in legno di maggiociondolo tornito e decorato sulle due facce da due cerchi concentrici incisi al tornio. Sul fronte, la borraccia reca la sigla L.A., impressa a fuoco, che ne identifica il proprietario: Lanteri Antonio. La cinghia in cuoio, assicurata al corpo della borraccia da due eleganti pomelli torniti, permette di portarla agevolmente a tracolla.

Ignoto artigiano upeghese, Buràcia in legno di maggiociondolo tornito, sec. XIX, da Upega, collezione privata

 

Fermi girevoli per porte (Türla)

 

Sono realizzati in diverse essenze legnose, variamente sagomati e abbastanza raramente intagliati.

Le dimensioni variano sensibilmente in rapporto alle dimensioni dell’anta che devono bloccare.

Il raro esemplare qui riprodotto, di dimensioni considerevoli perché appartenente ad una grande porta di stalla a due ante, reca, intagliato a coltello, un fiore a quattro petali di grandezza diversa in modo da assecondare la sagomatura del pezzo.

 

 

Ignoto intagliatore carninese, Türla, sec. XIX, da Carnino, collezione privata

 

Mobili

Cassapanca ( Bànc )

E’ certamente il tipo di mobile più diffuso in tutta l’area brigasca, presente in diversi ambienti della casa e con funzioni diverse ad essi collegate.

Si tratta di una cassa rettangolare ottenuta assemblando assi, disposte orizzontalmente, con l’ausilio di chiodi in ferro (visibili esternamente) o, più raramente, di incastri “a coda di rondine”. Le cassapanche di dimensioni maggiori, allogate in cucina o in dispensa, venivano impiegate per conservarvi cereali (grano, segale, orzo), legumi (piselli secchi e lenticchie), crusca e farina, frutti di vario genere (castagne essicate, mele, noci e nocciole), al riparo dall’aria e dai roditori. Accanto a quelle più imponenti, sempre con la stessa funzione, esistono cassapanche di dimensioni più modeste o anche basse e lunghe, in quest’ultimo caso usate anche come sedile.

Cassapanche più piccole trovavano posto nelle camere da letto con funzione di contenitori per biancheria, coperte e capi di abbigliamento. All’interno, talvolta, poteva trovarsi un piccolo scompartimento provvisto di coperchio nel quale conservare più accuratamente qualche oggetto di riguardo.

Quest’ ultimo tipo di cassapanca spesso era portato in dote dalla sposa o le veniva regalato in occasione del matrimonio.

Esistono poi casse in legno di dimensioni sensibilmente minori (ma con le stesse fattezze delle altre) in cui veniva conservato il brùs, formaggio fresco fermentato di cui si è già parlato a proposito delle scatole; in questo caso la cassetta prendeva il nome di Maštrèla , letteralmente “piccola madia”.

Tutti i tipi di cassapanca elencati sono dotati di cerniere in ferro e, spesso, di una serratura (mai visibile dall’esterno).

Ignoto artigiano realdese, Banc, seconda metà del sec. XIX?, (fotografia tratta da P. Massajoli, Cultura alpina in Liguria, Sagep 1984, p.53)

 

 

 

Armadio ( Armàri )

Si tratta di armadi di modeste dimensioni, normalmente collocati in cucina, dotati di due o più ante, di solito senza cassetti, e provvisti all’interno di uno o più ripiani su cui collocare stoviglie e generi alimentari. Le cerniere e la serratura sono in ferro, mentre le ante sono dotate di pomoli in ottone e anelli in ottone o in ferro. Quando non esiste la serratura, le ante sono chiuse con dei fermi girevoli in legno, qualche volta sagomati o intagliati, chiamati türle.


Adolfo Lanteri, Armàri, seconda metà del sec. XX, Upega, collezione privata

Credenza ( Chërdènsa )

E’ un mobile di uso non molto antico (fine Ottocento), costituito di due corpi sovrapposti: sotto, un armadio a due ante, con le stesse caratteristiche di quelle dell’armadio appena descritto; sopra, un altro corpo a due ante, quasi sempre dotate di vetri. Questa parte del mobile può essere appoggiata direttamente sopra l’armadio sottostante o separata da esso, sul davanti con l’aiuto di due “gambe” distanziatrici (che in qualche caso assumono la forma di due colonnine tornite) e sul retro impiegando un’asse orizzontale non di rado sagomata. In questo modo si viene a creare uno spazio utile per accogliere oggetti. La vetrinetta è conclusa in alto da una spessa cornice modanata, qualche volta abbellita dalla presenza di dentelli e dall’inserimento di borchie in ottone.

 

Pietro Lanteri (Ër Cicilìn)? Chërdènsa, Upega, sec. XIX, collezione privata Particolare della cornice decorata con dentelli Particolare di una delle centrati da piccole borchie in ottone colonnine tornite aggiunte nella seconda metà del secolo XX da Bernardo Lanteri (Bërnà da sèra)

 

 

Piattaia (Šculée)

 

E’ un elemento immancabile nell’arredo delle cucine brigasche. Veniva realizzato in varie forme e con essenze legnose diverse (pino, abete, larice, maggiociondolo). Normalmente ha l’aspetto di una scansia a giorno costituita da semplici assi piallate e inchiodate insieme, con diversi ripiani e con piccole traverse frontali destinate a sostenere i piatti che vi si appoggiano. I ripiani senza traverse, invece, ospitano tazze e barattoli. Esistono esemplari più ricercati in cui i montanti laterali sono variamente sagomati e la parte terminale in alto è decorata da una cornice sagomata in aggetto del tipo di quella delle credenze. In alcuni casi, anche il sistema di assemblaggio delle assi è più complesso: in luogo della semplice inchiodatura è adottato il sistema ad incastro (a “coda di rondine” o di altro tipo). In qualche caso -databile ad epoca più recente- lo šculée è fornito di uno o più cassetti. La forma e l’imponenza di questo mobile variano: può essere abbinato (appoggiato sopra o a costituire un corpo unico) ad una scansia a due o tre ripiani più profondi, a poca altezza da terra, destinata ad alloggiare i contenitori in rame per l’acqua attinta alla fonte comune da usare in cucina.

Ignoto artigiano upeghese, “Šculée”, secolo XIX, da Upega, collezione privata

 

 

Madia ( Màštra )

E’ il mobile da cucina per eccellenza che non mancava mai in ogni casa brigasca. E’ composto di due parti sovrapposte. Quella superiore, dalla forma di trapezio rovesciato, equivale ad una cassa, piuttosto capiente e dotata di coperchio, nella quale impastare il pane.

L’impasto era lasciato a lievitare, coperto da un panno e chiuso con il coperchio, al riparo dalle correnti d’aria. Una volta lievitato, l’impasto era diviso in pani che venivano allineati su di un’asse speciale, a panéra, sulla quale venivano trasportati al forno comune per la cottura. Il coperchio era normalmente fisso, apribile con cerniere di ferro; poteva però essere anche mobile; in questo caso era impiegato, rovesciato, per dare forma a vari tipi di pasta, tra cui gli immancabili sügéli.

La parte inferiore ha l’aspetto di un mobiletto, a due o più ante, dotato spesso di uno o più cassetti.

Di solito all’ interno venivano conservati generi alimentari.

Esistono anche esemplari di madie decorate con file di borchie in ottone, disposte in modo da formare motivi decorativi.

 


Ignoto artigiano upeghese,”Màštra”, secolo XIX, da Upega, collezione privata

 

 

Sedia ( Chiréga )

La sedia brigasca è realizzata in legno di vario tipo: abete, pino, maggiociondolo. Presenta quattro gambe, qualche volta tornite sobriamente, legate da alcune traverse, per aumentarne la stabilità. L’altezza dello schienale, come pure quella delle gambe, varia a seconda degli esemplari. Molti presentano gambe assai corte per consentire a chi vi sta seduto di scaldarsi meglio davanti al camino. Le sedie venivano impagliate tradizionalmente con la paglia di grano o di segale, materiale, quest’ultimo, di un intenso colore dorato che produce un piacevole effetto estetico contrastando con il colore scuro del legno. La parte più apprezzabile della sedia è lo schienale, sul quale si concentra la decorazione, di solito ottenuta sagomando artisticamente le traverse (barèle) che uniscono i due montanti verticali.

 

Ignoto artigiano upeghese,”Chiréga”, secolo XIX, Ignoto artigiano upeghese,”Chiréga”, secolo XIX, Ignoto artigiano upeghese,”Chiréga”, secolo XIX,

da Upega, collezione privata da Upega, collezione privata da Upega, collezione privata

Guardaroba ( Archìri )

E’ un mobile onnipresente nelle case brigasche, realizzato quasi sempre in legno di pino o di abete sui fianchi e sul fronte, mentre per il retro si usavano di solito assi in legno di larice. Normalmente non è molto grande, date anche le modeste dimensioni delle camere da letto in cui veniva ospitato. Il maggior numero di esemplari si presenta composto di due parti sovrapponibili, in modo da essere smontabile, con la linea di separazione tra i due corpi nascosta da una piccola cornice in aggetto, fissata a quello superiore. Il mobile è chiuso da due ante con pannelli in rilievo piuttosto lineari, anche se si conoscono esemplari, particolarmente apprezzabili dal punto di vista estetico, che presentano pannelli scolpiti. In alto è completato da una pronunciata cornice in aggetto, variamente modanata, decorata spesso con l’aggiunta di dentelli e borchie decorative in ottone. Le cerniere e la serratura sono in ferro, mentre uno o due fermi girevoli -che aiutano a fermare le ante anche senza chiuderle a chiave- sono realizzati in legno, qualche volta sagomato.

All’interno, l’ archìri è dotato di un cassetto nel quale riporre qualche documento o qualche oggetto di riguardo. Lo spazio è suddiviso da ripiani, sui quali ordinare la biancheria (soprattutto coperte e lenzuola). L’ultimo in basso, spesso nasconde un doppio fondo in cui custodire documenti importanti o denaro, al riparo da sguardi indiscreti.

 

 

 

Ignoto artigiano upeghese, Archìri, secolo XIX, da Upega, collezione privata

 

 

Letto ( Léit )

E’ il mobile principale della camera da letto e non è di grandi dimensioni (quasi sempre da una piazza e mezza).

Si caratterizza per un’altezza ragguardevole -rispetto ai bassi letti moderni- e alte sono quindi le due parti principali che lo costituiscono (a testéra e i péi). Esse sono arricchite di solito da pannelli lineari e la testiera può essere variamente sagomata all’estremità superiore, in modo da dare l’idea di un fastigio di coronamento.

Il letto può essere in legno naturale, ma più spesso veniva dipinto con colori scuri (predomina il marrone cupo) e decorato con motivi floreali, vegetali o geometrici -a mano libera o con la tecnica dello stencil- usando colori contrastanti rispetto a quello della campitura di fondo (i più usati erano il blu cobalto e il bordeaux).

 

 

Ignoto artigiano upeghese, Léit, secolo XIX, da Upega, collezione privata

 

 

 

Sculture

 

Statue ( Štàtüe ) e Bassorilievi

La scultura in legno a bassorilievo o a tutto tondo, pur non avendo mai rappresentato un ambito specifico e caratteristico dell’artigianato brigasco, ha prodotto tuttavia alcuni esemplari, ancor più degni di nota per la loro rarità. Si tratta di alcune statue di Santi, oggetto di devozione privata, la cui collocazione originaria non ci è nota. Sono realizzate in essenze legnose di tipi diversi e dipinte. Si segnala, per la sua unicità, la tavola con l’ Ultima Cena scolpita a bassorilievo, realizzata ad Upega nel secolo XIX per nobilitare la cappa di un camino di un’abitazione privata in Via Sant’Anna, asportata nella seconda metà del Novecento ed ospitata attualmente in una collezione privata.

Ignoto scultore upeghese, Architrave di armadio a muro decorato con fiori e testa di cane, legno scolpito e dipinto, sec. XIX, da Upega, collezione privata.

Pietro Lanteri (Piè Cùa), Insegna di trattoria, legno scolpito e dipinto, Upega, prima metà del secolo XX, collezione privata.

 

 

Scultore upeghese (ër Tëndàšc), Santa monaca (Teresa o Caterina da Siena?) secolo XIX, legno scolpito e dipinto, da Upega, collezione privata.

.

 

 

Porte di ingresso a pannelli scolpiti ( Üsci )

Nei centri dell’area brigasca, rispetto al totale delle porte di ingresso di abitazioni e di altri edifici, quelle a pannelli scolpiti sono relativamente poche e risalgono a tempi piuttosto recenti (secoli XIX e XX). Gli esempi più notevoli si riscontrano, come è naturale, a La Brigue (data la maggior floridezza economica del capoluogo e la presenza di artigiani evidentemente più qualificati); esempi significativi, però si trovano anche negli altri centri brigaschi.

 

 

 

 

 

Chiese ed Oratori

 

 

 

Portone a pannelli scolpiti, secolo XVIII, Portone a pannelli scolpiti, anta sinistra, Portone a pannelli scolpiti , secolo XVIII,

La Brigue, portale laterale della Collegiata secolo XVIII, La Brigue, portale centrale della Collegiata La Brigue, portale dell’Oratorio dei Penitenti secolo

 

 

Sotto: Particolare Sotto: Particolare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A b i t a z i o n i p r i v a t e

 

 

 

 

Porta di ingresso a pannelli, Porta di ingresso a pannelli, Porta di ingresso a pannelli,

secolo XIX, La Brigue secolo XIX, La Brigue secolo XIX, La Brigue

 

 

Sotto: Particolare Sotto: Particolare Sotto: Particolare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Porta di ingresso a pannelli, Porta di ingresso a pannelli , Pietro Lanteri (Piè Cùa), Porta di ingresso a pannelli

secolo XIX, Upega secolo XIX, Upega seconda metà del secolo XX, Upega

 

Sotto: Particolare Sotto: Particolare Sotto: Particolare